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Unirai: “Da Repubblica solo falsità, azioni legali”

ROMA – «Siamo sconcertati e profondamente scossi per quello che appare come un attacco al diritto costituzionalmente garantito di associazione sindacale». A dirlo, in una nota, il sindacato Unirai, liberi giornalisti Rai, che definisce «diffamatorio, pieno di inesattezze, e in alcuni casi di evidenti falsità», l’articolo pubblicato oggi da Repubblica.
«È falso che molti colleghi, recentemente promossi per riempire i buchi di organico dovuti ai pensionamenti, abbiano subito pressioni per iscriversi ad Unirai – prosegue –; è falso che il nostro sindacato sia pilotato dai vertici aziendali ed è offensivo anche solo ipotizzare che abbia una matrice partitica, visto che vi si sono iscritte persone provenienti dalle più diverse aree politico culturali. È infine vergognoso pesare il diritto di rappresentanza democratica e sindacale in base al numero di iscritti ad un sindacato, numeri che per Unirai sono comunque molto diversi da quelli riportati nell’articolo”.
Nel rimarcare la volontà di «adire subito alle vie legali per tutelare l’onorabilità del sindacato e dei colleghi accusati di essere stati promossi in base a logiche politiche», Unirai ricorda «come anche i dati sui presunti ascolti in calo nei Tg siano assolutamente inesatti. In una cornice di generale decremento degli ascolti dei notiziari generalisti, a inizio 2024 il Tg1 è l’unico in risalita nella sua edizione di punta, scelto alle 20 da punte di oltre 5 milioni di telespettatori, mentre il Tg2 sta costantemente assottigliando la distanza che lo separa dal Tg5 nell’edizione concorrente delle 13».
«Stupisce che questa spasmodica attenzione alle variazioni millesimali di audience per i Tg Rai venga da un quotidiano come Repubblica che perde una media di 11mila copie vendute ogni anno», prosegue Unirai che conclude la sua nota rimarcando come «da una ben precisa area giornalistica editoriale continui una feroce quanto disperata campagna di disinformazione e falsità contro la Rai e le rappresentanze sindacali considerate “ostili”. Chi ci accusa falsamente di essere strumento di logiche politiche è proprio chi da sempre prende ordini e indicazioni editoriali da ben note segreterie di partito». (ANSA).

 

 

redazione

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