VILLA SAN GIOVANNI (Reggio Calabria) – Classe 1976, 48 anni compiuti ieri 29 dicembre, sotto il segno del Capricorno, Giusy Caminiti è tante cose belle insieme. Giornalista, avvocato, dottore di ricerca, grande esperta di diritto amministrativo, soprattutto oggi sindaco di Villa San Giovanni, e quindi mamma.
Come giornalista, Giusy Caminiti è la storia della Gazzetta del Sud a Villa San Giovanni, erede di un padre straordinario, Pepè, che le ha insegnato il mestiere alla vecchia maniera: il rispetto del pluralismo e della persona vengono prima del diritto di cronaca. I suoi articoli sono lo specchio di cosa voglia dire fare il cronista in provincia. Inchieste, dossier, denunce, note piene di osservazioni critiche nel rispetto assoluto della libertà di stampa. Un giornalismo coraggioso e assolutamente libero.
Maturità classica al liceo “Nostro” di Villa San Giovanni con il massimo dei voti, 60/60, poi la laurea in Giurisprudenza all’Università di Messina, storico campus del diritto italiano, e anche qui con il massimo dei voti, 110 e la lode, confermandosi tra le migliori allieve del suo corso.
Appassionata di diritto romano, nel 2001 vince la borsa di studio “Fondazione Umberto Bonino e Maria Sofia Pulejo” alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” per la ricerca scientifica sul tema “I principi del diritto romano nelle pronunce degli organi Comunitari”, passaporto ideale per la partecipazione alle iniziative più importanti delle cattedre di Istituzioni di diritto romano e Diritto penale romano.
Scrupolosa, attenta, rigorosa, mai una caduta di stile, mai una qualunque incomprensione, mai una rettifica, impeccabile e precisa come lo era suo padre. L’anno successivo è l’anno del conseguimento del titolo di dottore di ricerca. Una tabella di marcia impeccabile, percorsa in tempi record, ma questi erano i suoi progetti e queste le mete che si era prefissa di raggiungere. 15 anni dopo, nel 2015, l’iscrizione all’albo degli avvocati patrocinatori nelle giurisdizioni superiori a conferma del valore professionale alto, di una vita interamente dedicata al diritto e di una carriera spesa nei tribunali. Dal 16 giugno 2021 è direttore amministrativo al tribunale di Velletri.
Aveva visto giusto anche questa volta. Diventa così la prima donna sindaco di Villa San Giovanni, Comune della Città Metropolitana di Reggio Calabria. La sua “Lista Civica per Villa”, lista rigorosamente civica, vince al primo turno con 3686 voti (57,62%) battendo il candidato di centrodestra Marco Santoro (Villa in Comune, 2587 voti, 40,44%) e Demetrio Bueti (Lavoro, civiltà, sport, 124 voti, 1,94%). Un trionfo popolare che la porta dritta dritta alla guida della città.
Un anno dopo, nel giugno scorso, arriva puntuale il primo segnale negativo, il primo attentato. Qualcuno forse vuole ricordarle che «in realtà fino ad ora abbiamo comandato noi», ma lei va avanti coriacea e imperterrita come una macchina da guerra. Nessun passo indietro, nessuna mediazione, fiera e forte della sua cultura cattolica e della sua bellissima storia familiare.
– Giusy, permettimi di non chiamarti avvocato, ma di considerarti una giovane collega. Come vivi questa nuova condizione di sindaco della “città dello Stretto”?
«Già è assolutamente nuova la condizione di amministratore, essendo alla mia prima esperienza amministrativa al pari di tutti i professionisti che mi affiancano in questa incredibile esperienza, umana innanzitutto e politico-amministrativa dopo.
Nel 2003 la dichiarazione dello stato di emergenza ambientale e da allora l’attesa per la realizzazione dell’autoporto (unica opera in grado di liberare il centro cittadino dai milioni di mezzi pesanti e leggeri diretti e provenienti dalla Sicilia) ed anche per un parcheggio multimodale. Davanti a tutto questo come vivere la condizione di sindaco? Con grande senso di responsabilità, consapevole che solo se ciascuno interpreta correttamente il ruolo, Villa San Giovanni potrà finalmente pensare a mantenere la sua visione trasportistica (con investimenti importanti, primo fra tutti porto a sud e nuovo water front) e cominciare a valorizzare quella turistica».
– Come nasce la tua passione per il giornalismo?
«Mi è sempre piaciuto scrivere, ma la mia passione era la narrativa. Il giornalismo arriva per “necessità”: viene a mancare improvvisamente mio padre e Gazzetta del Sud (giornale per cui lui lavorava sin da giovanissimo) offre a me e mio fratello la possibilità di cominciare a collaborare.
– Quante difficoltà hai trovato lungo questa strada?
«All’inizio è stato molto difficile: ero neo laureata alle prese con una importante borsa di studio fuori sede e la pratica forense; poi il dottorato di ricerca e il mio impegno universitario a Messina, l’abilitazione alla professione e la mia passione per la toga. Il periodo più duro è durato tanto quanto è servito ambientarmi nel mondo del giornalismo: ho trovato una redazione duttile e mi hanno insegnato moltissimo.
Ho preso i contatti nei diversi comuni (la corrispondenza copriva da Bagnara fino a Santo Stefano in Aspromonte, passando per tutti i comuni costieri e per quelli delle due vallate, del Gallico e del Catona); ho cominciato a tessere quelle relazioni che mi hanno accompagnato per ventidue anni, tanto quanto è durato il mio impegno giornalistico. In mezzo il mio studio di avvocato, tre figli, l’associazionismo vissuto sempre a tempo pieno e con grande spirito di servizio».
– Cosa ti ha insegnato di fondamentale tuo padre?
«Tra lui e me, purtroppo, non c’è stato un vero passaggio di testimone, se non ideale. Ma io sin da piccola lo osservavo a lungo: lui amava la penna perché amava il territorio che raccontava e soffriva quando doveva scrivere di una Calabria indietro rispetto a tutte le altre regioni d’Italia.
– Se potessi tornare indietro, rifaresti questa scelta?
«Rifarei tutte le scelte che ho fatto fin qui nella mia vita, perché io sono il frutto di tutte le mie scelte, quelle giuste e quelle meno. Il giornalismo mi ha dato moltissimo e mi ha plasmata moltissimo: è il mio mondo e spero di tornarci dopo questa parentesi amministrativa».
– Quale è stato il tuo lavoro giornalistico più importante?
«Dalle pagine di Gazzetta, in 22 anni di attività giornaliera, ho raccontato davvero di tutto. Credo che i lavori più importanti siano state le inchieste: quelle di cronaca nera dai forti rumors territoriali; ma anche quelle giudiziarie, in una terra per lunghi anni “sopita” alla criminalità organizzata. Non saprei scegliere un’inchiesta su tutte: erano tutte parti di un unicum, il cui filo conduttore è sempre stato generare una coscienza civica individuale e sociale».
– Immagino che da sindaco riesci a capire meglio che a volte fare il cronista significa puntare l’indice contro il potere?
«Da cronista prima e sindaco adesso, confermo ciò che ho sempre pensato: la stampa ha un ruolo fondamentale, non tanto di pungolo quanto di vigilanza e controllo perché l’esercizio del potere resti sempre dentro gli argini della democrazia, della legalità e della legittimità».
– Se qualcuno lo fa ti arrabbi molto?
«Per nulla, davvero: dopo due decenni io conosco perfettamente le regole del gioco e plaudo a chiunque punti il dito su fatti, atti. Mi mortifica il giudizio sulla persona e il pregiudizio; mi fa arrabbiare solo la violenza verbale (quella sbandierata da chi si fa scudo della libertà di opinione) cui, peraltro, non riesco a rispondere».
– Hai ancora un sogno nel cassetto dedicato al giornalismo?
«Assolutamente sì: mi piacerebbe poter fare, un giorno, attività giornalistica parlamentare, che per me vorrebbe dire coniugare le mie conoscenze giuridiche con la mia passione politico amministrativa».
– Quanta libertà credi che sia ancora nei giornali?
«Evoluzione e involuzione sono andati, ahimè, di pari passo. La libertà credo sia nelle singole penne e nelle singole voci, di quei tanti giornalisti che continuano a spendersi con l’unico fine di far crescere la consapevolezza dell’opinione pubblica. Non è un buon periodo per loro, ma la gente comprende e discerne e, come in economia, alla fine sarà la domanda a determinare un’offerta davvero libera».
– La Figec Cisal, nuovo sindacato dei giornalisti e degli operatori dell’informazione e della comunicazione, in poco più di un anno è già una realtà affermata. Credi che in Italia ci sia lo spazio per un sindacato alternativo?
«L’Italia riesce sempre a trovare spazi nuovi, ed “altri”, per esperienze alternative: il pluralismo è democrazia e se non si comincia passo dopo passo non si sarà mai protagonisti di alcuna “rivoluzione dolce”».
– Giusy, alle spalle hai tanto giornalismo militante, oggi tanta politica, e domani?
«Domani tornerò alla mia vita di sempre: ai miei figli, al mio lavoro, alle mie passioni di sempre (libri, cinema, teatro, associazionismo) guardando a questi anni come un’esperienza che mi è stata donata e spero lasci un segno nella mia Città, cui sono legata da un amore “romantico”».
– Come fai a conciliare il tuo ruolo di donna (moglie e madre) alla guida di un comune così importante come il tuo?
«Confido (e a volte approfitto) nella pazienza dei miei: il primo anno è stato molto molto difficile come tempi e presenza. Adesso abbiamo trovato il nostro equilibrio nel disequilibrio, cercando di vivere insieme gli impegni che riusciamo a coniugare. Spero che il mio impegno sia di esempio ai miei ragazzi».
– Non posso non farti una domanda sul Ponte dello Stretto: credi che porterà ricchezza? Sviluppo? O sarà invece un problema per la città e la tua gente?
«Per Villa San Giovanni sarà un grande problema, perché impatta e divide in due la Città. Per questo continuiamo a chiedere come amministrazione di farci governare questa fase di cambiamento del territorio, con interventi strutturali e preliminari che attutiscano questo impatto. Noi ci siamo presentati alla Città con un programma di sviluppo diverso da quello che passa per la grande opera infrastrutturale: crediamo nello sviluppo della mobilità dinamica (su nave) con Villa città dei trasporti europea ed ecosostenibile; crediamo in una Città che cresce con il mare, il turismo locale, i suoi prodotti tipici, i suoi beni architettonici, la sua storia e la sua tradizione. La decisione politica è stata assunta a Roma e ne abbiamo preso atto, ma con lo scetticismo derivante dalla mancanza di un progetto definitivo e dai problemi strutturali, ambientali e di sostenibilità economica di dominio pubblico.
Chiediamo di affrontare la questione senza posizioni ideologiche, ma con metodo tecnico scientifico: tuteleremo la Città, il suo territorio, gli eventuali espropriandi, facendoci supportare da professionisti di comprovata esperienza nel settore. Per ora Villa San Giovanni è al centro del mondo (il ponte, il G7 del commercio): non ci facciamo intimorire e non resteremo indietro come impegno alla nostra Comunità».
– Che dirti di più? In bocca al lupo!
«Viva il lupo!» (giornalistitalia.it)
Pino Nano
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