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Rai: di tutto e di più anche in tema di fake news

ROMA – Nell’ultima riunione del Cda del 16 novembre scorso l’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, ha illustrato un documento sulle principali “fake news”, quelle che lui stesso ha chiamato “notizie non rispondenti a verità”, che circolano da mesi sull’azienda di Viale Mazzini.
Roberto Sergio ha proceduto per temi e argomenti precisi, entrando nei dettagli e nelle pieghe del dibattito di queste ore e di queste settimane, partendo da una notizia “assolutamente falsa” che in queste ore ha fatto il giro del mondo e che, in realtà, viene oggi seccamente smentita da parte dei vertici dell’azienda: «È falso che RaiSport sia destinata a chiudere».
«Lo sport – sottolinea Roberto Sergio – è e sarà sempre più protagonista dell’offerta nei prossimi mesi con le Olimpiadi, le Paralimpiadi, gli Europei di Calcio, il ciclismo. Oltre 2000 ore di produzione all’anno. È di questi giorni, inoltre, il grande successo di ascolti per gli “ATP Finals” di tennis a Torino trasmessi in chiaro».
Anche sul giornalismo d’inchiesta in questi giorni ne abbiamo lette di tante. Una volta per tutte l’amministratore delegato smorza ogni dubbio…

Roberto Sergio

«È falso che il giornalismo d’inchiesta sparirà dalla Rai. Per il Servizio Pubblico resta fondamentale. Gli storici programmi della Rai sono stati confermati ed altri partiranno a breve. È falso anche che l’indebitamento finanziario netto crescerà fino a 650 milioni di euro come previsto dal budget della precedente gestione. È vero, invece, che grazie ad una attenta azione di razionalizzazione dei costi a fine anno tale cifra risulterà inferiore ai 600 milioni di euro».
L’azienda “in ginocchio”, che molti organi di stampa hanno raccontato in questi giorni in termini davvero disarmanti e distruttivi, evidentemente strumentali, nel racconto che ne fa Roberto Sergio in realtà è tutt’altra cosa.
Vogliamo parlare di “risorse”?
Anche su questo l’amministratore delegato della Rai non ha alcun dubbio: «La certezza delle risorse consentirà, anche con il Piano Immobiliare che stiamo varando, di portare a conclusione il Piano Industriale in coerenza con il Contratto di Servizio. Per questo siamo in costante contatto con il Mef e Mimit».
E lo stesso vale per gli ascolti.
«È falso che i canali generalisti della Rai hanno perso il primato. Dal 1° gennaio al 12 novembre Rai1, Rai2, Rai3 hanno il 30,4% di share contro il 26,3% delle reti generaliste del principale competitor nell’intera giornata».
Ma non solo questo. Per dimostrare la correttezza dei dati esposti Roberto Sergio entra nelle pieghe dell’argomento e ne fa un’analisi dettagliata e confortata da grafici incontestabili.
«In prima serata il divario aumenta con Rai al 31, 9% e il principale competitor al 26.4%. Dal 10 settembre al 12 novembre i canali generalisti della Rai nell’intera giornata ottengono il 29,1% contro il 26,6% del principale competitor. Dal 1° ottobre al 12 novembre nell’intera giornata il divario in favore di Rai è pari a 3 punti di share: 29,5 % rispetto al 26,5%. Cresce fino a 5 punti in prima serata 30,6% contro il 25, 8%». Come dire? Più di così si muore.
E vogliamo parlare della “pubblicità”?
Anche su questo argomento troppe leggende metropolitane, assolutamente false, hanno animato il dibattito generale di queste settimane. Sergio è netto e categorico… «È falso che le entrate pubblicitarie siano in calo. Nonostante la Rai sia sottoposta ad una normativa molto stringente sull’affollamento, la concessionaria Rai Pubblicità chiuderà l’anno in corso con una importante crescita rispetto alla previsione di budget 2023. È poi necessario ricordare che la Rai, in quanto servizio pubblico, non trasmette pubblicità su Rai Yoyo, RaiStoria, Rai5 e Rai Scuola».
Si è anche parlato in più occasioni e su più organi di informazione di possibili e immediate “epurazioni”. Roberto Sergio è tranchant…
«È falso che ci siano state “epurazioni”. Nessun conduttore è stato cacciato. Come dichiarato dagli stessi interessati si è trattato di una loro libera scelta professionale».
Così come è falso che la Rai voglia procedere a licenziamenti…
«Presto, invece, partirà un confronto sul rinnovo del contratto quadri, impiegati e operai e, inoltre, sono previste iniziative di formazione per creare nuovi profili professionali in linea con una moderna Digital Media Company».
Infine, l’ultimo capitolo scottante di questi giorni: i conflitti e i diverbi continui tra Roberto Sergio e il direttore generale Giampaolo Rossi…
«Sono false tutte le ricostruzioni giornalistiche che descrivono “rapporti molto tesi”. In più occasioni – precisa una nota ufficiale dell’azienda – entrambi hanno ribadito che sono legati da profonda stima e sincera amicizia». «Non si illuda nessuno, dunque, di mettere in ginocchio la Rai con delle “fake news” che non trovano nessun fondamento nella realtà delle cose, perché in realtà lo stato di salute della più grande impresa culturale del Paese non ha mai vissuto un solo momento di crisi». Parola di Roberto Sergio.

Giampaolo Rossi

Piero Vigorelli: “Finalmente Unirai. Va sostenuta fino in fondo”
Intanto nasce Unirai, che sta per “Associazione Liberi Giornalisti Rai”, un movimento che ha scelto come giorno del proprio battesimo il 30 novembre prossimo, alle ore 17, all’Auditorium Due Pini di Roma, al numero 2 si via Zandonai, dove finalmente capiremo quale sarà la sua vera mission e quali saranno i progetti immediati.
Un movimento che si preannuncia compatto, «allargato alle realtà sindacali, aziendali e politiche di ogni colore, all’insegna del pluralismo e dell’inclusione, aperto a tutti», ma soprattutto un progetto “alternativo” all’Usigrai, il sindacato di base della Fnsi che da sempre governa in maniera monolitica la vita aziendale di “Mamma Rai”. L’adesione all’Usigrai – ricordiamo – è  volontaria ma prevede l’iscrizione obbligatoria alla Fnsi.
Esiste già una chat del nuovo movimento Unirai che annovera circa 300 giornalisti di ogni parte d’Italia. Anche qui la Tgr, se non altro per numero di giornalisti, gioca un ruolo strategico fondamentale e lo spirito che si coglie dalle discussioni in rete è proprio il desiderio di pluralismo e di libertà in una Rai finora caratterizzata dal sindacato – e di conseguenza dal pensiero – unico.
Sostanzialmente, a distanza di 30 anni da allora, una provocazione culturale molto simile a quella del Singrai, sindacato alternativo all’Usigrai che aveva come suo leader di riferimento un giornalista di grande carisma e di grande tradizione professionale come Piero Vigorelli.

Rai Saxa Rubra

Non a caso siamo andati a cercarlo, proprio per chiedergli una sua impressione su quanto sta accadendo in queste ore in Rai e soprattutto un commento ed una analisi sul ruolo che potrebbe oggi svolgere Unirai nella dinamica più generale del sistema informazione.
– Direttore, oggi che sei consigliere nazionale della Figec, come vedi la nascita di Unirai?

Piero Vigorelli

«I giornalisti italiani del libero sindacato nazionale Figec, alternativo alla Fnsi, troppo politicizzata a mio avviso, salutano con il dovuto rispetto e grande simpatia la nascita di “Unirai”, l’associazione dei liberi giornalisti della Rai. Leggo che il prossimo 30 novembre, nell’assemblea costituente convocata a Roma, i promotori dell’associazione presenteranno le loro idee, i progetti, e le speranze riposte, per riportare finalmente un vento di libertà fra i colleghi della Rai che da anni sognano un’alternativa all’oligopolio Usigrai, sindacato affiliato alla Fnsi ormai travolto dalla sua gelida burocratizzazione e anche da qualche problemino interno».
– Se fossi ancora in servizio aderiresti?
«Credo che tutti i giornalisti della Rai iscritti alla Figec, che hanno revocato la loro adesione alla Fnsi e all’Usigrai, dovrebbero far parte dell’Unirai per adesione spontanea e costruttiva. Naturalmente insieme con tanti altri colleghi che, per la prima volta, hanno deciso di mettere la propria faccia in iniziative professionali e sindacali come questa».
– Ma c’era proprio bisogno di un contraltare come Unirai?
«Credo che Unirai, come ai miei tempi il Singrai, nasca proprio dalla consapevolezza che la professione giornalistica esercitata nella più grande azienda pubblica di cultura, abbia urgente bisogno di ritrovare e ripercorrere la strada del pluralismo e delle libertà. Un impegno morale, un dovere quasi istituzionale, che era stato in larga parte soffocato da anni di gestione in Rai del sindacato unico Usigrai – posso dirlo? – a mio parere fortissimamente condizionato dalla politica».
– Non è un’analisi eccessiva?
«Chiedilo in giro ai giornalisti delle 21 sedi della Rai, chiedi loro come vivono la loro condizione professionale. Diciamolo con grande convinzione: questa svolta ci voleva, e personalmente rendo onore ai giornalisti di Unirai che hanno deciso di diventare attivi protagonisti della storia aziendale».
– Lo pensi anche come dirigente della Figec?
«La Figec, che è la Federazione Italiana Giornalismo Editoria e Comunicazione, non può non porsi a completa disposizione dei colleghi di “Unirai”, senza nulla pretendere sia chiaro, ma per collaborare alla crescita di una valida alternativa alla stagnazione prodotta dall’Usigrai, e questa di Unirai è una sfida intellettuale che in tantissimi in Rai nei loro cuori e magari anche in piena solitudine, attendevano da anni».
– Ci andrai alla presentazione del 30 novembre?
«Ci andrò. Lo farò con immenso entusiasmo per augurare in bocca al lupo ai ragazzi che presenteranno il progetto della nuova associazione Unirai, aperta a tutti i giornalisti della Rai, e spero che con me vengano i vertici di Figec per dare al Paese-Rai un segnale di grande attenzione verso un nuovo pluralismo e una nuova libertà di movimento». (giornalistitalia.it)

Pino Nano

 

Pino Nano

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