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Contratti: si parta dall’indennità di mancato rinnovo

ROMA – La proposta di Giorgia Meloni di affidare al Cnel la regia di un lavoro approfondito sul salario minimo, che per il Presidente del Consiglio, «non risolve affatto il problema dei bassi salari e del lavoro povero», trova d’accordo il segretario generale della Cisal, Francesco Cavallaro.
«Condividiamo la proposta del premier Meloni di coinvolgere il Cnel e le parti sociali che in esso sono rappresentate – ha dichiarato il segretario del più rappresentativo sindacato autonomo d’Italia – per giungere ad una proposta valida sul lavoro povero e i salari bassi. Un’indicazione – ricorda Cavallaro – molto vicina alla nostra richiesta di istituire un Osservatorio Nazionale sulle Retribuzioni che, in sinergia con il Cnel, rilevi le modalità di intervento per il miglioramento dei salari e la verifica sulla congruità dei contratti collettivi di lavoro».

Francesco Cavallaro (di spalle a destra) all’incontro con il Governo

«La via maestra – sottolinea il segretario generale della Cisal – rimane quella di potenziare la contrattazione collettiva supportandola con normative fiscali e contributive, soprattutto quando promuove modelli virtuosi legati a produttività, innovazione, welfare aziendale e partecipazione dei lavoratori. Inoltre, è necessario rivedere le norme sull’indennità di vacanza contrattuale, che va incrementata progressivamente in relazione al ritardo con cui si rinnovano i contratti. Così facendo si potrebbe, da subito, tutelare la retribuzione di milioni di lavoratori e, soprattutto, stimolare le parti datoriali a dare seguito ai rinnovi contrattuali».

Francesco Cavallaro con Giorgia Meloni

Francesco Cavallaro commenta, infine, la ricerca “Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani”, realizzata dal Consiglio Nazionale dei Giovani assieme a Eures e ribadisce quando espresso ai tavoli di confronto con il Governo: «Il futuro pensionistico dei giovani è strettamente legato al lavoro. Servono più lavoro di qualità e una riforma complessiva del sistema previdenziale che dia dignità a chi ha lavorato una vita e renda meno fosco il futuro delle nuove generazioni».
Il segretario generale della Cisal rileva che «il quadro normativo attuale, in tale prospettiva, si mostra inadeguato e ingiustamente punitivo: la tenuta del sistema, infatti, implica un blocco del ricambio generazionale. Secondo le ultime proiezioni, infatti, chi si affaccia oggi sul mondo del lavoro potrebbe andare in pensione a 74 anni, oltretutto con assegni bassissimi. Contratti a termine e discontinuità lavorativa, associata a retribuzioni basse e mancanza di garanzie sociali, non aiutano. E con salari bassi e discontinui le pensioni future, se non si interviene, saranno letteralmente da fame».
Sul sistema pensionistico italiano in generale, Cavallaro evidenzia che «l’attuale sistema poggia le sue basi su una contraddizione di fondo data da un anomalo innesto del metodo di calcolo contributivo su un sistema a ripartizione, che abbasserà sempre di più l’importo degli assegni. In questo scenario – afferma il segretario della Cisal – concentrarsi solo sull’età pensionabile, e magari prodigarsi per l’uscita anticipata di qualche decina di migliaia di lavoratori in più nel prossimo biennio, rischia di tradursi in una battaglia di retroguardia».
A giudizio di Cavallaro «anche la previdenza complementare, da molti, indicata come una panacea, rappresenta un puro palliativo».
«Noi crediamo – sottolinea il segretario generale della Cisal – sia necessaria una riforma radicale che garantisca una pensione dignitosa secondo uno schema univoco basato su un nuovo coefficiente per la rivalutazione dei montanti contributivi. Coefficiente che, per coerenza, dovrebbe corrispondere al tasso di rivalutazione del Tfr e su una valutazione di congruità dell’assegno pensionistico effettuata all’atto del collocamento in quiescenza prevedendo, nel caso dovesse risultare inadeguato, correttivi a partire da una progressiva detassazione dell’assegno percepito». (giornalistitalia.it)

 

redazione

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