ROMA – Il mondo dell’informazione ha bisogno di un sindacato. E se un sindacato non c’è, bisogna farne uno. L’abbiamo fatto. L’abbiamo chiamato Figec, Federazione Italiana Giornalisti Editoria e Comunicazione.
Ci siamo federati con la Cisal (che ringraziamo) alla quale abbiamo chiesto ospitalità.
E, adesso, è il giorno del compleanno: il primo.
C’è voluto coraggio – e in qualche caso sofferenza – per imbarcarsi in un’avventura dal sapore proibitivo.
Come ripensare un giornalismo che, per anni, è stato abbandonato a se stesso?
Come immaginare un tessuto sindacale protettivo per chi lavora nel mondo dell’informazione?
E, come integrare proficuamente le professionalità dei nuovi media che si affiancano ai vecchi e che, in qualche caso, li azzannano?
Certo, a guardare indietro non è mancato un briciolo d’incoscienza ma i primi risultati sono incoraggianti.
Intanto, in un contesto così fermo da sembrare la morta gora, si è firmato un contratto collettivo nazionale di lavoro con l’Uspi. Il che significa che già oltre un migliaio di colleghi hanno a disposizione uno strumento di tutela con miglioramenti economici. E non si venga a dire che l’incremento è poco perché, in effetti, è poco ma sempre più del niente dei contrattoni fermi da dieci anni sulla corsia d’emergenza e sempre meno applicati.
E sul piano normativo, alla commissione Giustizia del Senato, abbiamo potuto sostenere le ragioni di un’informazione libera da lacciuoli e orientata alla crescita democratica del Paese.
I giornalisti soffrono dell’anomalia in forza della quale, quando vengono denunciati per diffamazione a mezzo stampa, sono considerati imputati di un reato doloso e non colposo (come avviene per tutte le altre professioni).
E che un giornalista possa aspettarsi di essere chiamato in causa fino a dieci anni dopo la pubblicazione di un articolo è un controsenso specie in un contesto di accelerazione sociale che, in un amen, fa diventare vecchio ciò che era presentabile come novità assoluta. Gran parte dei contenziosi potrebbero essere risolti considerando la rettifica come il ristoro dell’errore commesso. Se una persona ha a cuore il ripristino della sua onorabilità sarebbe accontentato. Se, invece, persegue soltanto un fine speculativo, non può essere assecondato.
I commissari hanno convenuto sulle ragioni esposte e preso nota.
Certo, pericoloso accontentarsi dei primi risultati positivi. La strada per recuperare il tempo e il prestigio perduti resta lunga. Ed essendo in salita, persino faticosa.
Si tratta di costruire un nuovo recinto professionale nel quale possano trovare cittadinanza le “antiche” professionalità, ma anche tutto il mondo nuovo dei media che utilizza il digitale con linguaggio, approccio e metodi differenti. Se la società si trasforma, inutile mettersi di traverso. Meglio accompagnare i cambiamenti, gestirli e correggerli dove possibile.
Possiamo, dobbiamo farlo. Insieme.
Non per nulla cresce l’attenzione nei confronti della Figec-Cisal, il nuovo sindacato unitario dei giornalisti e degli operatori dell’informazione, della comunicazione, dell’editoria, dell’arte e della cultura, con un aumento costante di iscrizioni. (figec.it)
Lorenzo Del Boca
presidente Figec Cisal
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