ROMA – «La tutela delle minoranze linguistiche è un dovere morale e sostanziale della nostra Repubblica. Significa rispettare e valorizzare le nostre comunità, tutte, e le loro espressioni culturali e linguistiche nella dimensione unitaria e democratica della Repubblica Italiana».
Lo afferma il giornalista Franco Siddi, presidente di Confindustria Radio Tv, già consigliere di amministrazione della Rai e storico segretario generale della Fnsi, che impossibilitato a partecipare al focus sugli Arbëreshe in estinzione, organizzato dalla Fondazione Salvatore Crucitti con il patrocinio della Figec Cisal, condotto da Pino Nano e presieduto dal vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, il 3 luglio scorso nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, ha inviato al promotore Demetrio Crucitti un importante contributo da allegare agli atti del convegno.
«L’Arbarëshe – sottolinea Siddi – è una espressione viva di lingua, cultura, voci, costumi legami mediterranei che ci debbono unire e che sono nel nostro pluralismo territoriale e comunitario ricchezza culturale e civile dell’Italia. Il nostro Paese è chiamato a fare di più, a procedere alla ratifica delle carte europee e a essere conseguente negli atti di Alta Amministrazione».
Siddi ricorda che «sei anni e mezzo fa, per esempio, nella Convenzione Stato-Rai e nel successivo contratto di servizio fu introdotto l’obbligo di spazi di programmazione regionale in lingua sarda, per la Sardegna, isola e regione dalla caratteristica differenza linguistica più ampia presente all’interno della Repubblica. Altre lingue minoritarie erano già titolari di questo diritto riconosciuto come il friulano e il ladino».
«L’Arbarëshe – afferma Siddi – ha la stessa dignità, su basi secolari e attuali. È ora che si proceda ai doverosi riconoscimenti istituzionali e concreti. Ed è ora che questo capitolo, per stare al richiamato modello Rai, sia sottratto a una gestione anomala, che vuole la programmazione radiotelevisiva delle lingue minoritarie nel servizio pubblico disciplinata da specifiche convenzioni sottoscritte da RaiCom, la società interna della Rai per le attività commerciali.
È sgradevole perché ciò dà l’idea di una cosa altra e non di un doveroso unicum del servizio pubblico e soprattutto perché una parte delle risorse, sproporzionata – a mio avviso di cittadino che, per una fase breve e senza poteri reali, ha avuto a che fare i conti con questo capitolo – va a remunerare RaiCom per pretesi costi di gestione del contratto. Purtroppo la minorità è tale che, alla fine, la concretezza suggerisce di cominciare a fare il possibile senza fermarsi a attendere l’ottimo».
«Scrivo questo – ha tenuto a sottolineare Siddi – a titolo personale, per quanto di mia esperienza e di mie personali convinzioni, non impegnando in ciò, tanto più nella stagione del rinnovo quinquennale del contratto di servizio Stato-Rai, la rappresentanza associativa che mi appartiene oggi nell’area del sistema aziendale italiano della radiotelevisione. Con questo animo avrei partecipato ai vostri lavori, per i quali apprezzo tanto l’iniziativa». (giornalistitalia.it)
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