ROMA – Un appello al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, affinché «disponga in autotutela con equità, lungimiranza e buon senso – anche nell’interesse dell’INPS – l’immediato annullamento dell’illegittimo contributo straordinario di solidarietà dell’1 per cento per 6 mesi da gennaio a giugno 2002 sugli stipendi e sulle pensioni dei giornalisti lavoratori subordinati ex INPGI 1 (ora INPS)».
«L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – spiega Carlo Parisi – rischierebbe, infatti, di dover affrontare migliaia di singole cause e/o class action che potrebbero prendere il via davanti ai tribunali del lavoro di tutta Italia con un elevatissimo rischio di perderle e di dover rimborsare ai giornalisti in attività e in pensione non solo gli importi di pensione trattenuti, ma anche di rifondere le parcelle dei loro legali e gli interessi legali del 5% annuo dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi “forzosi” effettuati dall’INPS) fino al momento dell’effettivo rimborso».
Contro ogni previsione, però, la delibera del Cda INPGI n. 27 del 2021 fu, invece, firmata il 22 dicembre 2021 dall’allora direttore generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Concetta Ferrari, successivamente nominata presidente del Collegio Sindacale INPS, con nota n. 36/0013914/PG-L-129 del 22 dicembre 2021, pubblicata nel sito internet dello stesso Ministero. Ma, a seguito e per effetto della finanziaria del Governo Draghi (art. 1, commi da 103 a 108 e da 110 a 118, della legge n. 234 del 30 dicembre 2021), entrata in vigore il 1° gennaio 2022, l’INPGI due settimane dopo chiese al Ministero del Lavoro di “congelare” l’esecutività della delibera n. 27 del 2021.
Pertanto l’INPS ne ha dato esecuzione – anche se in modo bizzarro nel cedolino di gennaio 2023 senza alcuna preventiva comunicazione o spiegazione ai giornalisti pensionati iscritti, né chiedendo neppure scusa per l’errore commesso di aver deciso di effettuare un prelievo forzoso del 2% per 3 bimestri per circa 3 milioni di euro complessivi – dal 1° gennaio al 1° marzo 2023 compreso – anziché un contributo di solidarietà dell’1% per 6 mesi da gennaio a giugno 2023, come indicato testualmente nel cedolino sotto la seguente “voce”: “Contr. Sol. 1% Gen-Giu 2022”. Insomma, una pessima, tardiva ed equivoca comunicazione da parte dell’INPS. E la spiegazione ufficiale è arrivata con grande ritardo solo a seguito di una richiesta scritta inviata tramite Pec.
A questo punto ai giornalisti pensionati che volessero contestare questo ulteriore nuovo taglio del loro vitalizio (il quarto in ordine di tempo negli ultimi 15 anni) non resterebbe che la strada giudiziaria rivolgendosi ai tribunali del lavoro di tutta Italia e invocando in loro favore le 103 sentenze a zero (la più recente è la n. 689 del 12 gennaio 2023, con cui la sezione lavoro della Cassazione ha dato ragione ad altrettanti dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali che avevano impugnato analoghi tagli delle pensioni decisi dalle loro Casse previdenziali privatizzate. Motivo: senza un’apposita norma di legge nessun ente previdenziale (com’era l’ex INPGI 1 fino al 30 giugno scorso) può ridurre a suo piacimento le pensioni dei propri iscritti. Altrimenti sarebbe violato l’art. 23 della Costituzione.
Ma un pensionato ante 2017 che dovesse ora iniziare una causa al tribunale del lavoro per poter recuperare questo discutibilissimo prelievo forzoso del 2023 potrebbe approfittarne per chiedere al giudice anche la restituzione delle somme che gli sono state trattenute per 3 anni tra il 2017 e il 2020 e che hanno complessivamente fruttato all’INPGI circa 21 milioni di euro. Infatti tutti i pensionati danneggiati hanno 10 anni di tempo per richiedere il rimborso all’INPS, come ha stabilito la Cassazione (vedere per tutte le decisioni n. 37956 e 37957 del 28 dicembre 2022, che in casi come questo ha ritenuto applicabile la prescrizione decennale, e non quinquennale, poiché «la fattispecie in esame non è classificabile quale ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici, ma quale credito consequenziale all’indebita ritenuta derivante dalla applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di trattenute operate sui singoli ratei di pensione, ma che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata».
In conclusione, per risolvere al meglio, senza dover ricorrere alla magistratura, questa “patata bollente” che l’INPS ha ereditato dai precedenti Governi Draghi e Conte, per la Figec Cisal sarebbe opportuno un intervento diretto del ministro del Lavoro, Marina Calderone. (giornalistitalia.it)
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La nota Inps n. 36:0013914:PG-L-129 del 22 dicembre 2021
Ordinanza della Cassazione n. 689 del 12 gennaio 2023
Pensioni Inpgi: legittimo il prelievo di solidarietà
Ordinanza della Cassazione n. 37956/2022
Ordinanza della Cassazione n. 37957/2022
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