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Giornalisti: cumulo tra pensioni e redditi

ROMA – Con il Messaggio n. 4213 del 22 novembre 2022, il direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi, chiarisce il Regime di cumulo dei trattamenti pensionistici dei giornalisti iscritti alla Gestione Inpgi 1 con i redditi da lavoro.
Caridi ricorda che, con la circolare n. 92 del 28 luglio 2022, sono state fornite istruzioni in merito alle prestazioni pensionistiche e alle relative modalità di calcolo a seguito del trasferimento all’Inps, ai sensi dell’articolo 1, commi 103 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, della funzione previdenziale svolta dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «Giovanni Amendola» (Inpgi) in regime sostitutivo delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria (Inpgi 1).

Vincenzo Caridi, direttore Inps

In particolare, al paragrafo 11 della circolare è stato precisato che a decorrere dal 1° luglio 2022 per le pensioni già liquidate al momento del trasferimento all’Inps o che saranno liquidate, anche pro quota, in favore dei giornalisti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), trova applicazione la disciplina in materia di cumulabilità con i redditi da lavoro, prevista nel medesimo Fondo, anziché l’articolo 15 del Regolamento di previdenza della Gestione sostitutiva dell’AGO dell’Inpgi in vigore dal 21 febbraio 2017 (di seguito, Regolamento Inpgi).
Con il Messaggio 4213 l’Inps fornisce, dunque, chiarimenti sul peculiare regime di cumulo della pensione con i redditi da lavoro, prodotti in Italia e all’estero, e sui conseguenti obblighi dichiarativi relativamente ai titolari di:
– trattamenti di invalidità;
– pensione anticipata prevista dall’articolo 14, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, così come modificato dall’articolo 1, comma 87, lettera a), della legge n. 234/2021;
– pensione anticipata di cui all’articolo 1, commi da 199 a 205, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, cosiddetti lavoratori precoci.
Per quanto riguarda l’individuazione del reddito da lavoro autonomo rilevante ai fini del divieto di cumulo, debbono essere presi in considerazione tutti i redditi comunque ricollegabili ad attività di lavoro svolte senza vincolo di subordinazione, indipendentemente dalle modalità di dichiarazione ai fini fiscali.

1. Trattamenti di invalidità

La circolare n. 92/2022 precisa che, alla luce delle indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, a decorrere dal 1° luglio 2022 le pensioni di invalidità di cui all’articolo 8 del Regolamento Inpgi sono cumulabili con i redditi da lavoro del beneficiario, nei limiti di quanto previsto dall’articolo 1, comma 42, della legge 8 agosto 1995, n. 335, dall’articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e dall’articolo 72 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
In conseguenza del rinvio a tali disposizioni normative, sulle pensioni di invalidità di cui all’articolo 8 del Regolamento Inpgi e sull’assegno ordinario di invalidità, liquidato al soggetto che presta attività lavorativa, si applicano due diverse e concomitanti discipline di incumulabilità, come di seguito illustrato.
Prioritariamente, trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 1, comma 42, della legge n. 335/1995 (cfr. la circolare n. 234 del 25 agosto 1995, paragrafo 2), il quale dispone che: «All’assegno di invalidità nei casi di cumulo con redditi di lavoro dipendente, autonomo o di impresa si applicano le riduzioni di cui all’allegata tabella G. Il trattamento derivante dal cumulo dei redditi con l’assegno di invalidità ridotto non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo della fascia immediatamente precedente quella nella quale il reddito posseduto si colloca».
Secondo la tabella G) allegata alla legge n. 335/1995, la percentuale di riduzione è pari al 25 per cento dell’importo dell’assegno per un reddito superiore a quattro volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l’importo in vigore al 1° gennaio.
La percentuale di riduzione è pari al 50 per cento dell’importo dell’assegno per un reddito superiore a 5 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l’importo in vigore al 1° gennaio.
Detta riduzione precede l’incumulabilità prevista dall’articolo 10 del D.lgs n. 503/1992 e dall’articolo 72 della legge n. 388/2000. Pertanto, sull’importo della prestazione risultante a seguito della riduzione effettuata a norma della legge n. 335/1995, si applica, per la sola quota eventualmente eccedente il trattamento minimo, il regime di incumulabilità con i redditi da lavoro di cui al menzionato articolo 10.
L’articolo 10 del D.lgs n. 503/1992 e l’articolo 72 della legge n. 388/2000, quindi, trovano applicazione nei confronti dell’importo della prestazione decurtato, qualora sia stata liquidata con anzianità contributiva inferiore a 40 anni.
In particolare, le norme citate dispongono che le quote delle pensioni e degli assegni di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esclusive e sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali degli artigiani, degli esercenti attività commerciali, dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, eccedenti l’ammontare corrispondente al trattamento minimo, non sono cumulabili con i redditi da lavoro:
– dipendente, nella misura del 50 per cento, fino a concorrenza dei redditi stessi;
– autonomo, nella misura del 30 per cento, fino a concorrenza del 30 per cento del reddito da lavoro autonomo.

1.1 Dichiarazione del pensionato

Per l’applicazione dell’incumulabilità con i redditi da lavoro dipendente, l’articolo 10 del D.lgs n. 503/1992 richiama l’articolo 21 del D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, come modificato dall’articolo 21 della legge 30 aprile 1969, n. 153, secondo cui il lavoratore è tenuto a dichiarare per iscritto al datore di lavoro la propria qualità di pensionato e il datore di lavoro ha l’obbligo di detrarre dalla retribuzione una somma, pari all’importo della quota di pensione non dovuta per incumulabilità, e di versarla all’Istituto (cfr. la circolare n. 91 del 31 marzo 1995, paragrafo 6.1).
Per l’applicazione dell’incumulabilità con i redditi da lavoro autonomo la dichiarazione a preventivo 2022 potrà essere resa mediante una domanda di ricostituzione reddituale.

2. Incumulabilità della pensione anticipata prevista dall’articolo 14, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, così come modificato dall’articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 30 dicembre 2021, n. 234

La pensione di cui all’articolo 14, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge n. 4/2019, non è cumulabile, a fare data dal primo giorno di decorrenza e fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, a eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.
I redditi derivanti dallo svolgimento di attività lavorativa diversa da quella autonoma occasionale, che rilevano ai fini dell’incumulabilità della pensione, sono quelli percepiti nel periodo compreso tra la data di decorrenza del trattamento pensionistico e la data di compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia, a condizione che tali redditi siano riconducibili ad attività lavorativa svolta nel medesimo periodo (cfr. le circolari n. 11 del 29 gennaio 2019, paragrafo 1.4, e n. 117 del 9 agosto 2019).

2.1 Dichiarazione del pensionato

Riguardo agli obblighi dichiarativi del pensionato, si rinvia alle istruzioni fornite con il messaggio n. 54 del 9 gennaio 2020.

3. Incumulabilità della pensione ai lavoratori cosiddetti precoci

A fare data dalla sua decorrenza il trattamento pensionistico di cui all’articolo 1, comma 199, della legge n. 232/2016, non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra l’anzianità contributiva di cui all’articolo 24, commi 10 e 12, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e l’anzianità contributiva al momento del pensionamento (periodo di anticipo rispetto ai requisiti vigenti per la generalità dei lavoratori).
Il D.P.C.M. 23 maggio 2017, n. 87, attuativo delle disposizioni in argomento, all’articolo 8, comma 2, ha stabilito che: «Qualora il titolare del trattamento pensionistico acquisito in virtù del beneficio pensionistico di cui all’articolo 2 percepisca per il medesimo periodo redditi da lavoro subordinato o autonomo, il trattamento pensionistico è sospeso dalla data di decorrenza fino a conclusione del periodo di tempo per il quale è previsto il divieto di cumulo e si fa luogo al recupero delle rate di pensione già erogate».
In ogni caso, ai fini del conseguimento della pensione anticipata in argomento, è richiesto che il soggetto abbia cessato l’attività lavorativa. Per attività lavorativa deve intendersi attività di lavoro dipendente, autonomo e parasubordinato svolta in Italia o all’estero.
Infine, l’Inps chiarisce che durante il periodo di sospensione del trattamento pensionistico il pensionato mantiene la titolarità del trattamento medesimo (cfr. la circolare n. 99 del 16 giugno 2017, paragrafo 2).

3.1 Dichiarazione del pensionato

Al fine dell’applicazione della norma l’interessato deve comunicare tempestivamente all’Istituto i redditi da lavoro, presentando apposita domanda di ricostituzione. (figec.it)

redazione

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