ROMA – «Nelle prossime ore scriverò una lettera ufficiale al sindaco di Abbiategrasso Cesare Francesco Nai, già presidente della Fondazione per Leggere e presidente del Sistema Bibliotecario del Sud-Ovest Milano, per chiedere che l’amministrazione da lui presieduta receda dalla querela per diffamazione nei riguardi della giornalista e collega Sara Marisera. È la stessa collega, del resto, che, in una nota a sua firma, dopo aver ricevuto notizia della querela, chiarisce i toni e il contenuto delle sue dichiarazioni. Sarebbe, ora, un peccato se l’amministrazione comunale di Abbiategrasso sottovalutasse le considerazioni della collega Marisera e le sue buone intenzioni».
Per il segretario generale della Figec, la Federazione Italiana Giornalismo, Editoria e Comunicazione, Carlo Parisi, sarebbe auspicabile che il Comune di Abbiategrasso, grosso comune alle porte di Milano, valutasse serenamente e obiettivamente le ragioni della giornalista Sara Marisera che, nel corso di una cerimonia di premiazione per il suo lavoro e il suo impegno contro il mondo organizzato del crimine, in diretta Fb, ha denunciato il clima di pervasività delle organizzazioni criminali nell’intero territorio comunale.
«Il Comune di Abbiategrasso, in data 1 settembre 2022 – racconta la stessa Sara Marisera – ha adottato una delibera di giunta per avviare una denuncia di querela per diffamazione nei miei confronti, per una frase da me pronunciata in data 8 giugno 2022, nell’ambito del Premio nazionale Giovani Diego Tajani a Cutro, in provincia di Crotone. In quella data, sono stata premiata insieme al procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, lo scrittore Antonio Nicaso e l’esperto di mafie il dottor Isaia Sales per la mia attività giornalistica e per il mio impegno civile. Durante la premiazione, davanti agli studenti e alle studentesse del territorio calabrese, ho pronunciato la seguente frase: “Ad Abbiategrasso, in provincia di Milano, ho visto le mafie entrare nel Comune, negli appalti pubblici e, soprattutto, dentro il cemento, perché alle mafie una cosa che piace tanto è il cemento, i centri commerciali”».
La frase – chiarisce la giornalista – «faceva parte di un discorso più ampio e generico in cui invitavo gli studenti e le studentesse a porre attenzione alla tutela dell’ambiente e del loro territorio, spiegando loro che le mafie oggi sono ovunque, anche al nord – non solo in Calabria – e che riciclano parte dei loro proventi illeciti nel cemento e nella costruzione. E che il primo passo per difendersi dall’infiltrazione delle organizzazioni di stampo mafioso è proprio la difesa dell’ambiente».
«La collega Marisera – commenta il segretario generale della Figec – spiega molto bene e con grande chiarezza che la frase da lei pronunciata non era riferita direttamente all’attuale giunta comunale di Abbiategrasso. Ne parla, tra l’altro, oggi diffusamente anche il Quotidiano del Sud con un servizio completo a firma del collega Antonio Anastasi».
Immediata anche la solidarietà a Sara Marisera da parte del Centro Studi Diego Tajani di Cutro, che l’aveva appena premiata insieme al procuratore Nicola Gratteri, che, anche in quella occasione, aveva lanciato al Paese il suo solito “appello alla rivolta morale” contro una mafia che ancora controlla i grandi sistemi finanziari del Paese e del mondo grazie anche al silenzio spesso connivente di parte della società civile.
«Una frase, la mia, estrapolata e decontestualizzata – spiega ancora Sara Marisera –. Il suo senso è stato gravemente stravolto, come se mi riferissi all’attuale amministrazione comunale di Abbiategrasso. In realtà – sottolinea la giornalista – non mi riferivo né a un politico specifico, né al Comune – inteso come istituzione –, ma genericamente al territorio di Abbiategrasso e alla sua storia, non immune, in passato, alla presenza di organizzazioni di stampo mafioso».
Ed è lo stesso Ordine dei Giornalisti di Milano che, in una nota appena diffusa sul suo sito ufficiale, sottolinea che una querela per diffamazione aggravata contro la giornalista di Abbiategrasso è una “decisione grave”.
«È opinione ferma dell’Ordine dei giornalisti – sottolinea la nota dell’Odg lombardo – che gli enti pubblici debbano rispettare i principi fondamentali della civiltà liberaldemocratica, recepiti dal nostro ordinamento giuridico. La libertà di informazione è il principio che ci sta a cuore, e che è alla base dell’attività e della stessa esistenza dell’ente. I diritti fondamentali – lo abbiamo già sottolineato in altre occasioni – non sono soltanto norme astratte, da far valere, se e quando è possibile, in un’aula di tribunale. Sono principi che devono dar forma alla convivenza civile e alla vita della Repubblica, e quindi tutte le amministrazioni pubbliche – soprattutto quando sono elettive – sono chiamate per prime a rispettarli nella loro operatività quotidiana».
Del resto – argomenta la nota dell’Ordine lombardo – «la collega non ha parlato di un Comune controllato dalle mafie, ma solo di organizzazioni criminali in cerca di spazi. La questione sollevata, quella delle infiltrazioni della criminalità organizzata, non è inoltre di quelle che possano essere affrontate in termini di onorabilità delle persone e delle istituzioni. Ben altri temi, decisamente bipartisan perché riguardano la sicurezza dei cittadini e il buon andamento dell’amministrazione, sono qui in gioco; e l’allarme lanciato, in qualsiasi forma, da parte di una giornalista attiva sul territorio, impone di essere preso sul serio».
Da qui anche la richiesta formale anche dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia alla Giunta comunale di Abbiategrasso di “rinunciare alla querela deliberata”.
Alle spalle la collega giornalista Sara Marisera ha una bella storia professionale, che è giusto anche ricordare a chi di lei, magari, sa ancora molto poco. Sara Manisera è una giornalista freelance, laureata in Scienze Politiche, con una tesi sul caporalato e lo sfruttamento dei migranti in agricoltura in Calabria. Ha un master in Relazioni del mondo arabo e del Mediterraneo a Beirut, dove ha vissuto dal 2014 al 2017. Si occupa di donne, conflitti e società civile in Medio Oriente, lavorando principalmente in Libano, Siria, Iraq e Tunisia. Ha realizzato reportage per testate nazionali e internazionali sulla lotta delle madri tunisine in cerca dei figli dispersi in mare, sull’offensiva di Mosul e di Raqqa e sulle donne, mogli dei combattenti dello Stato Islamico. (giornalistitalia.it)
Pino Nano